giovedì 12 giugno 2014

Recensione: Nostro figlio

Titolo: Nostro figlio
Autore: Alon Altaras
Editore: Atmosphere Libri
Pagine: 144
Prezzo: 14euro

Descrizione:
Vent’anni dopo che Itai Zer ha finito il suo servizio di leva come impiegato in una base dell’aviazione israeliana, ecco che nella sua vita ricompare Avi Razi, il suo superiore. Questi gli chiede di aiutarlo a rapire suo figlio tredicenne, che non vede da molto tempo, per vendicarsi della sua ex moglie che lo abbandonò portandosi via il bambino quando era molto piccolo. Secondo il suo ex comandante, Itai Zer, oggi quarantenne, deve pagare un vecchio “debito”, perché fu lui a salvarlo da un imbarazzante coinvolgimento in una molestia sessuale negli anni del servizio militare. Zer, il protagonista del romanzo, oramai sposato e padre di una bambina, si trova coinvolto sempre più nell’intricata vita di Avi Razi, costretto ad affrontare insieme a lui le tre donne di questo romanzo, Neta, la vittima della molestia e a quel tempo fidanzata di Itai Zer, Ayalà, la ex moglie di Avi Razi, che si è rifatta la vita con un altro uomo, e Yael, la moglie di Itai Zer. Pur non incontrandosi mai, esse tessono fra loro una complicità femminile dando una loro risposta alla vecchia disputa su chi sia veramente forte e chi debole quando uomini e donne devono affrontare le grandi problematiche della vita.

L'autore:
Alon Altaras è nato a Tel Aviv nel 1960. È scrittore, poeta e traduttore. Ha pubblicato in Israele tre romanzi, La vendetta di Maricika(1999), Il vestito nero di Odelia (2002), Nostro figlio (2009), e quattro libri di poesia. Ha tradotto in ebraico, tra gli altri, Tabucchi, Ginzburg, Landolfi, Leopardi, Pasolini, Gramsci, De Luca, Sanguineti, Merini. Dal 2003 al 2008 ha insegnato letteratura e lingua ebraica all’Università di Siena. In Israele ha ricevuto il prestigioso Premio del Primo Ministro per la Letteratura (2001) e, in Italia, il Premio Nazionale per la Traduzione del Ministero per i Beni e le Attività culturali (2003) per il contributo alla diffusione della letteratura italiana in Israele. In Italia, pubblica Il vestito nero di Odelia (Voland, 2005) e La vendetta di Maricika (Voland, 2006). Nel 2008 pubblica in Israele il suo terzo romanzo dal titolo Nostro figlio.  

La mia recensione:

Il passato, prima o poi, torna a cercarti per restituirti ricordi piacevoli che alimentano la nostalgia o chiederti di pagare i conti rimasti in sospeso, perché il passato non dimentica.
Quello di Itai Zer torna nei panni del’ex soldato Avi Razi e con violenza la memoria torna alla caserma di Haztor in cui ha svolto il servizio di leva. Sono trascorsi vent’anni da allora e non c’è molto che valga la pena di essere ricordato, a parte lei: Neta, la bellissima impiegata dell’infermeria per cui Itai aveva perso la testa. Un ricordo dolce tramutatosi ben presto in un incubo da cancellare, un ricordo che l’uomo ha saputo tenere sepolto sotto la superficie di una vita quasi perfetta, coronata da un matrimonio felice e dalla nascita di una figlia meravigliosa, fino a che Avi non si è ripresentato al suo cospetto.
Non erano amici a quei tempi e, probabilmente, non lo saranno in futuro; Avi però, all’epoca, ha salvato Itai dal carcere militare e adesso è determinato a farsi restituire il favore.
Non era gravissimo il crimine da lui commesso, in fondo si era solo macchiato di una bravata orchestrata insieme alla soldatessa con cui flirtava, ma si trattava di un gioco che gli sarebbe costato parecchio se il suo superiore Razi non fosse intervenuto per tirarlo fuori dai guai. Dal piano di salvataggio però Neta era esclusa, anzi era il prezzo da pagare.
Cosa è accaduto nella stanza in cui Itai ha accettato di abbandonarla? Quale punizione ha dovuto subire per mano dei suoi colleghi? Codardo fino in fondo, l’uomo non l’ha mai saputo e non ha mai neanche cercato di scoprirlo, ma adesso che Razi è tornato, è costretto e tirare fuori anche gli scheletri dal suo armadio. La situazione si complica quando l’ex ufficiale esprime la sua richiesta perché ciò che pretende da Itai non è un semplice favore: vuole che lo aiuti a sequestrate suo figlio alla vigilia del Bar Mitzvah per vendicarsi della ex moglie che lo ha tradito.
Un ricatto psicologico, un folle piano, due famiglie in equilibrio precario, l’orrore della violenza sulle donne, questi gli ingredienti di un romanzo adrenalinico quanto introspettivo che ci racconta di debolezze umane e guerra tra i sessi. Una storia di ordinaria follia ambienta in Israele ma che affronta tematiche di portata universale, attuali sempre e ovunque.
Grande cura è prestata alla caratterizzazione psicologia dei personaggi.  I riflettori, soprattutto nella prima parte, sono puntati sui due protagonisti maschili. Da un lato si delinea la personalità di Itai connotata da una profonda debolezza e da un’incapacità di scelta che alimenta un costante senso di colpa. Itai è l’uomo che si lascia vivere, che vorrebbe ma non osa, che ama ma non abbastanza. Potremmo definirlo un uomo delle mezze misure, a differenza di Avi che agisce d’impulso, sa cosa vuole e non esita a prenderlo senza preoccuparsi troppo delle conseguenze.
Entrambi tuttavia hanno in comune la mancanza di trasparenza nel rapporto con gli altri e ciò finirà inevitabilmente per incrinare la fiducia, anche quella reciproca di cui avrebbero bisogno visto il piano di cui si rendono complici.
Sebbene introdotte quasi come personaggi secondari, filtrate dalla prospettiva maschile, anche le donne coinvolte nella vicenda non mancano di far sentire la loro voce e completare il quadro d’insieme con il loro vissuto. Toccante sarà il racconto di Neta che, a un certo punto, deciderà di spalancare la porta sulla sua stanza degli orrori lasciando esplodere all’esterno tutto ciò che Itai non ha mai avuto il coraggio di vedere. Lucida e Franca la confessione della moglie di Razi che racconterà una versione del suo divorzio radicalmente diversa da quella sostenuta dal marito. Ferma, e matura apparirà, invece, la posizione di Yael, la moglie di Itai che non avrà storie da raccontare ma diverrà ricettacolo delle testimonianze altrui e, per prima, risveglierà il sentimento  di solidarietà che rappresenterà la chiave di svolta nel finale.   
Il romanzo cattura come un giallo, a ogni pagina la curiosità di scoprire come si evolverà la storia e cosa si annida davvero nel passato dei protagonisti cresce in maniera esponenziale. L’autore dosa le informazioni con maestria, riuscendo benissimo nell’intento di tenere il lettore sulla corda senza far mai calare il livello d attenzione. Man mano che i nodi vengono al pettine si delinea anche una trama intessuta di relazioni fra uomini e donne, rapporti familiari, complesse dinamiche psicologiche; è questa la rete di rimandi e significati più profondi che sottende l’intreccio narrativo preparando il terreno per un epilogo imprevisto in cui la solidarietà a cui accennavo prima diviene l’unica forma di riscatto possibile.





  





 
 

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