venerdì 19 ottobre 2012

Recensione: La biblioteca perduta dell'alchimista

Titolo: La biblioteca perduta dell'alchimista
Autore: Marcello Simoni
Editore: Newton Compton
Collana: Nuova Narrativa Newton
Pagine: 367
Prezzo: 9,90
Descrizione:
Spagna, estate del 1227. Il mercante Ignazio da Toledo è convocato ad Andújar, presso Córdoba, in un presidio militare del re Ferdinando iii di Castiglia. Bianca, la regina di Francia da poco rimasta vedova, è stata rapita. Il rapitore si fa chiamare Conte di Nigredo e ha la fama di essere un alchimista. A Ignazio è affidato l’incarico di indagare sull’accaduto. La ricerca della verità lo porta a imbattersi nel vescovo Folco di Tolosa, che forse ha ottenuto notizie sul rapimento di Bianca tramite l’esorcismo di un ossesso. Ma questi si rivela solo un uomo affetto da una strana forma di pazzia, scatenata dalle fasi di trasmutazione alchemica. L’origine di questo male è il castello di Airagne, proprio la dimora del Conte di Nigredo e laprigione della regina Bianca… In questo castello, dove si conservano alcune lettere che mettono in relazione l’alchimia con la filatura della lana, Bianca condivide una reclusione forzata con il legato pontificio Romano Frangipane e il luogotenente regio Umbert de Beaujeu. Alle prese con i misteri nascosti in quella dimora, Ignazio dovrà separarsi dal suo fidato aiutante, Uberto, incaricato di recuperare un libro di alchimia chiamato Turba philosophorum, tenuto in custodia presso la rocca di Montségur. Intanto Ignazio scoprirà che i sotterranei del castello del conte ospitano un enorme laboratorio alchemico e che nascondono verità sconvolgenti sulla regina…

L'autore:
Marcello Simoni è nato a Comacchio nel 1975. Ex archeologo, laureato in Lettere, lavora come bibliotecario. Ha pubblicato diversi saggistorici e ha partecipato all’antologia 365 racconti horror per un anno, a cura di Franco Forte; altri suoi racconti sono usciti per la rivista letteraria «Writers Magazine Italia». Il mercante di libri maledetti, romanzo d’esordio e primo capitolo della trilogia che ha come protagonista Ignazio da Toledo, continua a essere un grande successo editoriale.


La mia recensione:
Il sipario si alza su uno dei periodi più oscuri e affascinanti della storia. Leggere un libro di Simoni è come affacciarsi sul Medioevo con la particolarità che, dopo pochissime pagine, si cessa di essere spettatori e ci si sente parte integrante dello scenario. In lontananza si ode lo scalpitio degli zoccoli di cavalli lanciati al galoppo, il cozzare delle spade e il crepitio delle fiamme che lambiscono gli eretici; gli occhi pian piano si adattano alla luce soffusa delle candele e si apprestano a scorgere segreti nella penombra, mentre l’odore dei campi bruciati si mescola a quello più arcano di misteriose misture ribollenti nei calderoni alchemici.
Se leggendo "Il mercante di libri maledetti" mi era già parso di compiere un viaggio nel tempo, in maniera ancor più intensa ho sperimentato questa sensazione tuffandomi tra le pagine de "La biblioteca perduta dell’alchimista", un libro che ho atteso con ansia e che non ha deluso le mie grandi aspettative.
Corre l’anno del Signore 1227. Il re Ferdinando III, detto il Santo, in nome della crociata contro i Mori, sta espandendo i suoi feudi verso mezzogiorno portando la guerra nell’emirato di Cordoba quando si verifica un episodio increscioso che minaccia di sconvolgere gli equilibri politici: qualcuno rapisce la regina di Francia, Bianca di Castiglia. Stando alle informazioni ricavate dal vescovo Folco di Tolosa, tramite l’esorcismo di un ossesso, l’autore del rapimento è un certo Conte di Nigredo, un uomo la cui identità è sconosciuta ma che si sa essere un potente alchimista.
Chi meglio di un esperto in materia può far luce sulla vicenda?
Il re convoca Ignazio da Toledo per affidargli l’incarico. È così che rincontriamo il protagonista già conosciuto nel libro precedente. Stanare l’autore di un rapimento non è certo usuale per un mercante di reliquie ma quando Ignazio fiuta odore di segreti alchemici, non esita ad accettare il compito. Ad affiancarlo nell’impresa ritroveremo il fido guerriero Willalme e suo figlio Uberto, una delle bellissime sorprese che ci riserva la nuova avventura.
Al principio del viaggio il gruppo si divide. Il mercante e Willalme affiancati da Filippo il Lusignano partono per andare a interrogare Folco da Tolosa e carpire da lui maggiori informazioni circa il Conte di Nigredo e il fantomatico castello di Airagne in cui si suppone abbia imprigionato Bianca. Uberto, invece, parte da solo alla volta della rocca di Montsègur per recuperare il Turba philosophorum, ovvero il prezioso testo di alchimia da cui si presume siano state tratte le conoscenze indispensabili per la costruzione dell’oscuro castello.
Il programma prevede che la compagnia si ricomponga in tempi brevi ma, numerosi imprevisti, faranno sì che le cose non vadano esattamente secondo i piani.
La narrazione procede dunque sulla scia dei due obiettivi perseguiti da padre e figlio. Alternativamente seguiremo le vicende di Ignazio e Uberto che, gradualmente, andranno a comporre il complesso mosaico in cui si inscrive la storia.
Così come nel volume precedente, la fiction si innesta con naturalezza ed efficacia in un tessuto storico  ricco di  riferimenti politici, culturali e leggendari riguardanti il XIII secolo, tanto puntuali da assottigliare sensibilmente il confine tra invenzione e realtà. Se da un lato si fa apprezzare la fervida fantasia dell’autore, abile nell’orchestrare una trama ricca di colpi di scena, dall’altro è impossibile non percepire la solidità delle basi documentali su cui si fonda e il lavoro di ricerca che può celarsi dietro la stesura di un’opera del genere.  I personaggi scaturiti dall’immaginario convivono con quelli storici, come Ferdinando III, Bianca di Castiglia o Folco di Tolosa, reggendo benissimo il confronto in virtù di una caratterizzazione approfondita e credibile.
Nuove sfumature arricchiscono il ritratto di Ignazio da Toledo, un protagonista il cui carisma scaturisce dalla sua profonda sete di sapere. A muoverlo non è l’avidità di ricchezze e nemmeno il tornaconto personale, ma una curiosità insopprimibile che lo spinge a raggiungere livelli sempre più alti di conoscenza, un bisogno che spesso lo induce a sacrificare gli affetti ma che non offusca del tutto la sua bontà d’animo. Nonostante indossi sempre una maschera di razionalità e freddezza, questa volta avremo modo di toccare con mano il grande amore che nutre per suo figlio e il senso di colpa che, di tanto in tanto, lo attanaglia per aver abbandonato la moglie.
Anche la figura di Willalme assume qui contorni più definiti. Ricordi dolorosi ci permettono di scavare nel suo passato e di meglio comprendere la sua personalità.
Un’autentica scoperta è Uberto che da  semplice comparsa diviene coprotagonista rivelando un coraggio e un arguzia che lo rendono degno figlio di suo padre ma, nel contempo, un carattere assai diverso, più passionale e più incline agli slanci emotivi.
Lungo il cammino che conduce al castello di Airagne e alla scoperta di un’agghiacciante verità, avremo inoltre modo di incontrare una serie di personaggi nuovi estremamente interessanti come la bellissima Moira accusata ingiustamente di stregoneria e le Beghine − monache o fate? − dedite al culto di Santa Lucina.
Completamente avvolta nel mistero ma costantemente presente, sarà invece l’enigmatica figura del Conte di Nigredo. Quale la sua vera identità, quali le oscure macchinazioni di cui è artefice e soprattutto quale la formula segreta di cui è in possesso? Il lettore non può che condividere con Ignazio il desiderio impellente di scoprirlo.
Ancora una volta lo stile narrativo di Simoni riesce a combinare, quasi con l’abilità di un alchimista, raffinatezza linguistica e fruibilità. Senza mai perdere di vista l’obiettivo di intrattenere e intrigare, l’autore ci permette così di accostarci a tematiche che rimandano alla filosofia, alla religione, all’esoterismo non mancando di farci riflettere su come l’ignoranza abbia spesso alimentato le superstizioni nel corso della storia, ne è un esempio il tentativo del vescovo Folco di esorcizzare un uomo in realtà affetto da una malattia all’epoca quasi conosciuta come il saturnismo.  In quest’ottica la missione di Ingazio da Toledo può essere letta anche come metafora della ricerca di uno dei beni più preziosi a cui gli uomini possano ambire: la conoscenza.













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